mercoledì 4 marzo 2009

Giovan Battista Piranesi

Adì 8 9mbre 1720
Zuanne Battista fio de Angelo Piranese tagliapietre de Giacomo e di Mad. Laura sua moglie nato li 4 del caduto: Compare il
N. H. Zuanne Vidman de Ludovico della Par. di S. Canciano: Comare Lev. Mad. Madalena fia de Franc. Palliori Moglie de Vincenzo Facchinetti della Par. R.do G. Carlo Offredi P.re con licenza di me Stefano D. Scalarini Piovano.


Con questo documento, estratto dai registri della parrocchia di S. Moisé a Venezia, inizia la vita di uno dei più grandi
artisti del suo secolo.
E' uomo di grande temperamento dal carattere deciso, prepotente e bisognoso d'affermazione, amante della gloria
e del denaro, vanitoso, sospettoso, polemico e incostante. Robert Adam dice che faceva discorsi inconcludenti e annoiava le persone. Gian Ludovico Bianconi, il suo biografo, nell' "elogio", che "stenta a spiegarsi con chiarezza".
Lui invece "se mi dessero l'incarico di fare il piano di un universo nuovo, avrei la follia di intraprenderlo".

Il padre è un tagliatore di pietre per la costruzione di palazzi, capomastro, imprenditore e supervisore di progetti d'architettura.
Il fratello Angelo, primogenito, è un monaco certosino con una buona cultura classica, insegna a Giambattista la storia romana e il latino e lo indirizza verso la cultura delle antichità romane.
La formazione comincia nella bottega di Matteo Lucchesi, buon architetto e fratello di sua madre, che è magistrato delle acque di Venezia. Dallo zio assimila i fondamenti dell'architettura palladiana e la tecnica di costruzione idraulica.
Più tardi Giambattista va a lavorare dall'architetto Giovanni Antonio Scalfarotto, verso il maestro conserverà per tutta la vita una profonda riconoscenza.
Si interessa alla pittura e scultura, esegue bambocciate e nature morte. Quasi sicuramente è sua la tela della "Veduta fantastica" ora all'Accademia di S. Luca a Roma.
Per guadagnare e pagarsi gli studi va nella bottega dell'incisore Carlo Zucchi dove apprende la tecnica dell'acquaforte e il disegno di prospettiva teatrale, poi completa gli studi con l'architetto Tommaso Temanza.
Ammira il Palladio che diventa un esempio da seguire, vorrebbe diventare un grande architetto ma non ci riesce, così ripiega sull'incisione e ci mette la rabbia e la prepotenza che non ha potuto sfogare nella costruzione di chiese e palazzi.

Parte per Napoli, attratto dallo stile teatrale della città, torna e approfitta di un buon incarico.
L'ambasciatore Francesco Venier va a Roma a presentarsi a Papa Benedetto XIV.
Piranesi ha 20 anni, entra a far parte del seguito come disegnatore.
Scendendo dal nord incontra paesaggi e città semideserte e resti di rovine, alle porte di Roma la campagna è abbandonata, spoglia di vegetazione, con acque stagnanti e ruderi ridotti a cumuli informi. Questo spettacolo lo colpisce e fa lavorare la fantasia.
La città medioevale era stata modificata da vari Papi a cominciare da Sisto V, convivevano antico, medioevo, rinascimento, barocco, a volte sovrapposti e fatiscenti.
La città nuova si vedeva entrando dalla Porta del Popolo con il tridente, tre grandi strade che si diramavano da essa.
Dalle altre parti si trovavano prati, orti e vigne, spazi abbandonati invasi da rovi ed erbacce, era tutto uno spazio disordinato verde e incolto.
Povere casupole erano addossate ai grandi palazzi, alle rovine, sotto gli archi del Colosseo si erano costruite case e botteghe di fango, mercati, osterie e bordelli.
Il foro, in parte interrato, era chiamato Campo Vaccino, perché greggi e buoi vi pascolavano.
Ma questa città era in festa per l'elezione del nuovo Papa, Benedetto XIV era un uomo di grande cultura, fa rinascere le arti, fonda il Museo Capitolino e la Calcografia Pontificia.
Piranesi presto si accorge che non avrebbe avuto committenze d'architettura, così per vivere incide stampine da vendere ai turisti, i suoi primi lavori sono cinque piccole vedute inserite nella guida di "Roma moderna distinta per rioni" edita dal Barbiellini nel 1741.
Collabora con i fratelli Valeriani, pittori di rovine e decoratori teatrali, da loro perfeziona il disegno scenico.
Fa ricerche archeologiche, scava entrando nelle tombe della via Appia decifrando le rovine sotterranee e gli acquedotti, prima di lui nessuno lo aveva fatto.
Entra nella bottega di Giuseppe Vasi, affermato incisore siciliano, che dal 1747 lavora ai 10 volumi delle "Magnificenze di Roma"
un'opera che descrive la città moderna.
Qui ha modo di conoscere G.B. Nolli, un geometra che sta lavorando al rilievo cartografico della pianta di Roma.
Nolli incarica Piranesi di fare ricerche nelle biblioteche, di catalogare i reperti, di eseguire mappe.
La pianta viene stampata nel 1741, è la più esatta di quelle finora pubblicate.
Il figlio di Giovan Battista, Carlo, ne esegue una riduzione e per le vedutine laterali chiama Piranesi.
Questo lavoro lo introduce in un circolo di bibliofili e collezionisti come Nicola Giobbe, un costruttore veneziano che gli fa conoscere Vanvitelli.
Nel 1743 è costretto a lasciare Roma, prima di partire fa pubblicare una serie di lastre con la sua visione di un modello antico: "Prima Parte d' Architetture e prospettive", dedicata a Nicola Giobbe.
Parte per Napoli spinto dal desiderio di vedere gli scavi di Ercolano, conosce Giambattista Vico e si fa influenzare dallo stile di Salvator Rosa.
Nell'estate del 1744 torna a Venezia dove frequenta la bottega del Tiepolo prendendone lo stile luminoso, studia il Bibiena, il Palladio, e i pittori veneti, dai Ricci al Carlevarjis, inventore del vedutismo veneziano.
Lavora alle prime tavole di "Invenzioni Capricci di carceri all'acquaforte......"
Incontra Joseph Wagner, un mercante d'arte che lo incarica di tornare a Roma come suo agente nella succursale della calcografia wagneriana. Parte e apre bottega al Corso, di fronte a palazzo Mancini sede dell' Accademia di Francia, dove studiavano gli artisti che il re mandava a Roma a perfezionare gli studi. Il professore di prospettiva è Giovanni Paolo Panini.
Stringe amicizia con vari "pensionnaires", Vie, Vernet, Challe, Doyen, Petitot, con loro va a disegnare dal vero nelle lunghe passeggiate di studio, nascono così le piccole vedute di Roma antica.
Esce il suo lavoro più famoso " Invenzioni Capricci......." ma le incisioni non piacciono.
Con "Varie vedute di Roma antica e moderna, disegnate e intagliate da celebri autori, raccolte, da principio, da Fausto Amidei libraro al Corso" il segno diventa ricco e personale.
Dal 1745 comincia e elaborare paesaggi di grande formato che daranno luogo alle prime tavole delle "Vedute di Roma", produzione che porterà avanti tutta la vita.
Nel 1748 stampa le "Antichità romane de' tempi della repubblica e de' primi imperatori, disegnate, ed incise da Giambattista Piranesi architetto veneziano........." l'effetto è di una emozione senza precedenti.
Dal 1744 al '49 incide i Capricci, quattro tavole nello stile del Tiepolo che Bouchard riunisce insieme alle Carceri nel volume "Opere varie di Architettura, prospettive, grotteschi, antichità, inventate ed incise da Giambattista Piranesi Architetto Veneziano"

Verso il 1750 incide "Capriccio architettonico con la Caduta di Fetonte"

Abbandona la cerchia di amici francesi e frequenta la comunità inglese riunita intorno a Piazza di Spagna, l'architetto Robert Adam lo aiuta e gli fa decorare il Caffé degli Inglesi.
Nel 1751 Bouchard pubblica le "Magnificenze di Roma", che includono le Vedute, la seconda edizione delle Carceri e la seconda delle Antichità.
Nel 1752 sposa Angela Pasquini , che gli darà cinque figli.
Esce la "Raccolta di varie vedute di Roma si antica che moderna intagliate la maggior parte dal celebre Giambattista Piranesi e da altri incisori".
E nel 1753 "I Trofei di Ottaviano Augusto innalzati per la Vittoria ad Actium......."
Il conte di Charlemont viene a Roma e gli promette il finanziamento di una grande opera: nascono i quattro tomi della "Antichità Romane", ma il lavoro è così enorme che l'inglese abbandona l' affare.
Piranesi reagisce violentemente e per difendersi pubblica "Lettere di giustificazione".

Nel 1757 viene nominato socio della Royal Society of Antiquaries di Londra e nel 1761 accademico di S. Luca.
Trasferisce casa e studio a Palazzo Tomati in strada Felice.
Qui edita "Le rovine del Castello dell' Acqua Giulia....."
Con l' aiuto del Papa nel 1761 pubblica "Della Magnificenza ed Architettura de' Romani", seguono le "Lapides Capitolini......" e l'anno dopo "Il Campo Marzio...", una ricostruzione del quartiere attraverso i secoli.

E' l' epoca del confronto tra l' arte romana e quella greca, Piranesi dimostra la bravura dei romani incidendo "Descrizione e Disegno dell'Emissario del Lago Albano...." a cui seguono nel 1764 "Antichità d'Albano e di Castel Gandolfo...." e "Antichità di Cora....".

Conosce Thomas Jenkins, un banchiere che gli permette di stampare la "Raccolta di alcuni disegni del Barbieri da Cento detto il Guercino.....".
Monsignor G.B. Rezzonico lo incarica del rifacimento del complesso del Priorato dei Cavalieri di Malta; rimarrà il suo solo lavoro di architettura.
Nel 1769 fa uscire "Diverse Maniere d'adornare i cammini......" e nel 1774 "Trofeo o sia Magnifica Colonna Coclide.....".
Va a Paestum con il figlio Francesco per disegnare i templi, è il 1777 e l'anno dopo incide "Vasi, candelabri, cippi....."

Per l'eccessiva esposizione agli acidi contrae una malattia che lo porta alla morte il 9 novembre 1778.
Viene sepolto a S. Maria del Priorato

domenica 3 giugno 2007

glossario

glossario

ABRASIONE : cancellare raschiando un testo o un disegno da una matrice o da carta.
ACQUAFORTE : tecnica incisoria che fissa un disegno ottenuto con una punta metallica su una lastra di metallo tramite la morsura di un acido. Indica anche la stampa che si ottiene.
ACQUATINTA : tecnica d'incisione simile all'acquaforte, la lastra viene ricoperta da granuli di pece greca o bitume, l'acido penetra tra di essi producendo variazioni di toni.
ANTIPORTA : pagina che precede il frontespizio.
APPROVAZIONE : il permesso che anticamente si dava per la pubblicazione di un libro " con licenza de' superiori ".
BARBE : le sbavature che si ottengono ai lati del solco tracciato dal bulino.
BRUNITOIO : strumento in acciaio per cancellare un segno sulla lastra nell'acquatinta.
BULINO : arnese a punta in acciaio per incidere il metallo senza il bisogno dell'acido.
FILIGRANA : marchio impresso su un foglio di carta, si vede in controluce.
FINALINO : decorazione posta alla fine di un capitolo.
FRONTESPIZIO : pagina all'inizio di un libro, vi sono indicati titolo, autore, editore e spesso un'immagine.
INCIPIT : inizio di un brano.
LITOGRAFIA : tecnica di stampa su pietra detta piana, perché non incisa.
PERGAMENA : pelle di agnello usata per scrivere o per legature.
PUNTASECCA : tecnica incisoria in cui si incide la lastra con una punta d'acciaio.
SANGUIGNA : gesso rosso che può variare dal tono chiaro a quello scuro molto usato nei ritratti.
SEPPIA : inchiostro ricavato dalla vescica essiccata della seppia, ha colore giallo-bruno.
XILOGRAFIA : tecnica d'incisione su legno.
TOMO : parte di un' opera.
VERGELLA : filo di metallo che accostato ad altri forma il fondo di un telaio, serve a trattenere l'impasto durante la fabbricazione della carta.

sabato 19 maggio 2007

acquatinta

E' la tecnica che ha l'effetto di un acquerello.
Su una lastra di metallo si fanno cadere granelli sottili di colofonia o pece greca, si scalda in modo che la polvere aderisca alla superficie formando un fondo più o meno denso di puntini ( granitura ).
Con raschietti si schiaccia la granitura per ottenere le sfumature, le parti che devono restare bianche si coprono di vernice.
Al posto dei segni sulla lastra si formano rugosità che trattengono l'inchiostro.
La lastra viene immersa nell'acido che penetra tra i granelli corrodendo il metallo e rendendolo spugnoso; si ripete il procedimento finché saranno raggiunte le tonalità volute

martedì 1 maggio 2007

tecniche di incisione: xilografia a colori

Jost di Anversa, maestro intagliatore dell'inizio del 1500 inventò la tecnica del chiaroscuro, il disegno si presenta con varie gradazioni dello stesso colore.
Per l'incisione si usano quattro legni: il primo, il più importante, ha le linee incise in nero; gli altri, uguali per dimensione, sono colorati nelle altre sfumature di colore che può essere verde, bruno o grigio.

Tecniche di incisione: xilografia su metallo

Usata alla fine del 1400 questa tecnica somigliava alla xilografia, la lastra da incidere era di rame a volte incisa con ruote dentate così che il fondo sembrava la trama di un setaccio.
Si inchiostravano le parti intagliate lasciando pulite quelle in rilievo così che il disegno era bianco su fondo nero.
Per la difficoltà di conservazione queste stampe sono rarissime, in Italia uno dei pochi esemplari è il San Rocco del 1470 ora alla Biblioteca Classense di Ravenna.

mercoledì 25 aprile 2007

Tecniche di incisione: LA CARTA

LA CARTA
La carta fu inventata in Cina intorno al 300 D.C., anche se il primo foglio “ ufficiale “ fu fabbricato da Tsai-Lun, funzionario dell’imperatore nel 105 e perfezionato da Tso Tsui-Yi. Si usavano stracci o fibre di canapa, bambù, gelso, salice, paglia di grano e riso.
Nel 751, nella battaglia di Samarcanda, il governatore di Bagdad prese dei prigionieri cinesi, tra questi c’erano dei cartai che insegnarono agli arabi la tecnica della fabbricazione dei fogli. La città, ricca di acqua e campi di lino e canapa ne rimase per secoli un importante centro di produzione.
Sempre nel '700 nel mondo islamico nascono biblioteche e università con un naturale incremento della carta.
Gli arabi perfezionarono la tecnica inventando una ruota dentata che girava in modo continuo utilizzando la forza idraulica nei mulini.
Portarono la tecnica in Egitto, in Marocco e in Spagna, che invasero nel 711.
Il più antico manoscritto su carta conosciuto è un codice della biblioteca universitaria di Leida.
Nel medioevo il lino era la pianta più coltivata ma con la crescita della richiesta le colture non bastarono più e nasce il mestiere del cenciaiolo.
Il problema del cartaio era di procurarsi gli stracci, per questo le cartiere sorsero nelle vicinanze di una città o di un porto, dove era facile procurarsi la materia prima.
I genovesi e i veneziani oltre alle altre merci caricavano sulle loro navi carta comprata dagli arabi e dagli spagnoli.
Le prime cartiere italiane compaiono nel XII secolo a Bologna che era un famoso centro di tessitura, ad Amalfi nel 1220, in Liguria nel 1235 e a Fabriano nel 1276.
Alla fine del medioevo l'Italia era il maggiore produttore di carta in Europa.
Ai fabrianesi si deve l’invenzione della “ pila a magli multipli “ usata per la preparazione della pasta di stoffa, e della filigrana. Il setaccio rettangolare era formato da un telaio in legno e da vergelle, fili metallici tesi accostati vicini; i cartai notarono che con l’uso si deformavano lasciando l’impronta sulla carta, pensarono così di dare una forma a un filo per contrassegnare con un marchio il fabbricante o il cliente. Ebbero anche l'idea di aggiungere gelatina animale all'impasto per rendere la carta resistente al liquidi.
Gli stracci, inizialmente di lino, venivano messi in grossi mortai e battuti a mano, con l’avvento della pila, i pestelli di legno, azionati da forza idraulica, frantumavano gli stracci , separavano le fibre di cellulosa e le riducevano in poltiglia.Quando l’impasto era pronto si versava in vasche piene d’acqua,si girava e con il setaccio si raccoglieva una piccola parte di pasta muovendo per renderne lo strato uniforme. Scolata l’acqua, si capovolgeva su un feltro posto su una pila di altri fogli e feltri , si torchiava e si appendeva il foglio ad asciugare.
Nel XIII secolo gli stracci scarseggiarono fino ad arrivare all'epidemia di peste del 1630, quando per paura del contagio si bruciavano. L'uso della carta diminuì.
Nel XVII secolo gli olandesi costruirono un cilindro a lame metalliche che triturava gli stracci evitando la macerazione ottenendo una carta migliore.
A un certo punto con la richiesta sempre maggiore, un francese nel 1719 provò ad usare il legno, l’esperimento riuscì e da allora il legno è diventato la materia prima di fabbricazione, mentre con il cotone si ottengono carte speciali per opere d’arte.

Tecniche di incisione: ACQUAFORTE

ACQUAFORTE
Furono il Durer in Germania e il Parmigianino in Italia a sperimentare l’acquaforte intorno al 1500.
Su una lastra di metallo si stende un mordente o resina e si incide con una punta acuminata senza intaccare il metallo. Si immerge la lastra nell’acquaforte ( acido nitrico ) per un tempo più o meno lungo a seconda della profondità dei segni che si vogliono ottenere. L’acido, penetrando solo dove è stato asportato il mordente, corrode le parti scoperte incidendole. La lastra viene inchiostrata e dopo varie morsure si pulisce e si stampa.