mercoledì 25 aprile 2007

Tecniche di incisione: LA CARTA

LA CARTA
La carta fu inventata in Cina intorno al 300 D.C., anche se il primo foglio “ ufficiale “ fu fabbricato da Tsai-Lun, funzionario dell’imperatore nel 105 e perfezionato da Tso Tsui-Yi. Si usavano stracci o fibre di canapa, bambù, gelso, salice, paglia di grano e riso.
Nel 751, nella battaglia di Samarcanda, il governatore di Bagdad prese dei prigionieri cinesi, tra questi c’erano dei cartai che insegnarono agli arabi la tecnica della fabbricazione dei fogli. La città, ricca di acqua e campi di lino e canapa ne rimase per secoli un importante centro di produzione.
Sempre nel '700 nel mondo islamico nascono biblioteche e università con un naturale incremento della carta.
Gli arabi perfezionarono la tecnica inventando una ruota dentata che girava in modo continuo utilizzando la forza idraulica nei mulini.
Portarono la tecnica in Egitto, in Marocco e in Spagna, che invasero nel 711.
Il più antico manoscritto su carta conosciuto è un codice della biblioteca universitaria di Leida.
Nel medioevo il lino era la pianta più coltivata ma con la crescita della richiesta le colture non bastarono più e nasce il mestiere del cenciaiolo.
Il problema del cartaio era di procurarsi gli stracci, per questo le cartiere sorsero nelle vicinanze di una città o di un porto, dove era facile procurarsi la materia prima.
I genovesi e i veneziani oltre alle altre merci caricavano sulle loro navi carta comprata dagli arabi e dagli spagnoli.
Le prime cartiere italiane compaiono nel XII secolo a Bologna che era un famoso centro di tessitura, ad Amalfi nel 1220, in Liguria nel 1235 e a Fabriano nel 1276.
Alla fine del medioevo l'Italia era il maggiore produttore di carta in Europa.
Ai fabrianesi si deve l’invenzione della “ pila a magli multipli “ usata per la preparazione della pasta di stoffa, e della filigrana. Il setaccio rettangolare era formato da un telaio in legno e da vergelle, fili metallici tesi accostati vicini; i cartai notarono che con l’uso si deformavano lasciando l’impronta sulla carta, pensarono così di dare una forma a un filo per contrassegnare con un marchio il fabbricante o il cliente. Ebbero anche l'idea di aggiungere gelatina animale all'impasto per rendere la carta resistente al liquidi.
Gli stracci, inizialmente di lino, venivano messi in grossi mortai e battuti a mano, con l’avvento della pila, i pestelli di legno, azionati da forza idraulica, frantumavano gli stracci , separavano le fibre di cellulosa e le riducevano in poltiglia.Quando l’impasto era pronto si versava in vasche piene d’acqua,si girava e con il setaccio si raccoglieva una piccola parte di pasta muovendo per renderne lo strato uniforme. Scolata l’acqua, si capovolgeva su un feltro posto su una pila di altri fogli e feltri , si torchiava e si appendeva il foglio ad asciugare.
Nel XIII secolo gli stracci scarseggiarono fino ad arrivare all'epidemia di peste del 1630, quando per paura del contagio si bruciavano. L'uso della carta diminuì.
Nel XVII secolo gli olandesi costruirono un cilindro a lame metalliche che triturava gli stracci evitando la macerazione ottenendo una carta migliore.
A un certo punto con la richiesta sempre maggiore, un francese nel 1719 provò ad usare il legno, l’esperimento riuscì e da allora il legno è diventato la materia prima di fabbricazione, mentre con il cotone si ottengono carte speciali per opere d’arte.

Tecniche di incisione: ACQUAFORTE

ACQUAFORTE
Furono il Durer in Germania e il Parmigianino in Italia a sperimentare l’acquaforte intorno al 1500.
Su una lastra di metallo si stende un mordente o resina e si incide con una punta acuminata senza intaccare il metallo. Si immerge la lastra nell’acquaforte ( acido nitrico ) per un tempo più o meno lungo a seconda della profondità dei segni che si vogliono ottenere. L’acido, penetrando solo dove è stato asportato il mordente, corrode le parti scoperte incidendole. La lastra viene inchiostrata e dopo varie morsure si pulisce e si stampa.

Tecniche di incisione: LITOGRAFIA

LITOGRAFIA
Dal greco lithos = pietra e ghraph-ein = scrittura
E’ una stampa detta “ piana “, perché non ha rilievo o incisione. Appare nel XVIII secolo, scoperta da Aloisio Senefelder, un drammaturgo praghese che, mentre incideva musica in rilievo su di una pietra scoprì che non occorreva inciderla per inchiostrare i segni. La pietra pomiciata e sabbiata viene disegnata con una matita o inchiostro grasso a base di sapone non intaccabile dagli acidi, poi si incide senza scalfire il fondo. La matrice viene sottoposta a un trattamento chimico che respinge l’inchiostro,accetta l’acqua e fissa l’immagine. La carta viene posta sulla matrice e la stampa si ottiene per pressione.

Tecniche di incisione: BULINO

BULINO
Il bulino è una sottile asta di metallo tagliata a punta con sezioni diverse : a quadrato, triangolo, losanga e finisce con un pomolo di legno adatto ad essere impugnato.
L’incisore spinge il bulino sulla lastra creando dei solchi, poi pulisce i residui. L’utilizzo richiede mano precisa, per questo l’uso viene limitato per effetti particolari.
Il segno del bulino è riconoscibile per il segno nitido e per la diversa profondità dei segni. La tecnica risale alla prima metà de 1400, usata dagli orafi per incidere oggetti e lamine d’argento; questi, per controllare il lavoro, colmavano i solchi con inchiostro e vi imprimevano la carta, nacque così l’idea calcografica.

Tecniche di incisione: XILOGRAFIA

XILOGRAFIA
Dal greco xylon = legno e graph-ein =scrivere
E’ un’incisione a rilievo su legno, preferibilmente di alberi da frutto a grana compatta, che permette segni nitidi: pero, melo, ciliegio, bosso o sicomoro. Il legno può essere tagliato nel senso delle fibre ( legno di filo ) o trasversalmente ad esse (legno di testa ). Nel primo caso, il più antico, l’incisione, più morbida e meno precisa ai segni, viene eseguita con un coltellino e dà risultati lineari con forti contrasti di bianchi e neri. Il legno di testa si lavora con il bulino,le incisioni possono essere sottili e ravvicinate producendo disegni ricchi e dettagliati e più adatti a ottenere i grigi. Il disegno viene riportato specularmente usando sgorbie di varie misure, le linee vengono contornate scavando dei piccoli solchi asportando il fondo, così che questo risulterà bianco e il rilievo nero. L’inchiostro viene steso sulla superficie liscia con un rullo di legno.
Le prime xilografie su carta sono state realizzate in Cina e risalgono al VIII secolo.
In Europa le prime incisioni su legno erano semplici figure di santi e carte da gioco colorate a mano, risalgono alla fine del XIV secolo o agli inizi del XV.
L’innovazione si è avuta alla fine del 1700 con la nuova tecnica di incidere su legno di testa, che ha mutato il linguaggio incisorio e ancora alla fine del 1800 con le incisioni di Gauguin, iniziatore della xilografia moderna.

Tecniche di incisione: PUNTASECCA

PUNTASECCA
Nella puntasecca la lastra di metallo si incide direttamente con una punta affilata che, tenuta come una matita, traccia dei solchi più o meno profondi a seconda della pressione esercitata. La punta non taglia il metallo ma lo sposta, lasciando dei piccoli riccioli laterali chiamate “ barbe “ che trattenendo l’inchiostro danno un segno morbido e vellutato. La lastra viene levigata più volte con carta abrasiva sempre più fine per ottenere una superficie lucida, si disegna, si incide e si inchiostra mettendola su un piano riscaldato per fluidificare l’inchiostro. Si toglie l’eccesso e secondo l’effetto che si vuole ottenere si lasciano zone più o meno pulite. Il foglio messo sopra la lastra viene coperto da un feltro per ammorbidire la pressione. Dopo poche incisioni, con la pulizia, le barbe si staccano, per cui il disegno cambia; per questo la puntasecca non è mai stata usata come tecnica riproduttiva ma per ritocchi e effetti particolari. Rembrandt incideva a puntasecca.

MASO FINIGUERRA

Tommaso Antonio Finiguerra discende da una famiglia fiorentina di politici e mercanti della lana documentata fin dal 1200.
Nel 1393 nasce Antonio che diventerà un modesto orafo con bottega a S. Maria Novella, appartiene al ramo Finiguerra d' Ognissanti e avrà otto figli tra cui Maso.
Malgrado il mestiere, le condizioni economiche della famiglia non sono buone, abitano in Borgo Ognissanti nella casa degli avi, nelle vicinanze abita Mariano di Vanni padre di Alessandro Filipepi, il futuro Botticelli.
Il fratello di questi, Antonio, nel 1457 lavora come apprendista orafo quasi sicuramente nella bottega del Finiguerra, visto che sono lontani parenti.
Da questo si può ipotizzare un rapporto tra Maso e Botticelli.
Tommaso nasce nel febbraio 1425, non abbiamo notizie della giovinezza ma sappiamo che agli inizi lavora nella bottega del padre.
Sposerà Piera di Domenico dalla quale avrà quattro figli.
Il primo documento di un suo lavoro è del 1452 per un niello per il battistero di S. Giovanni, vista l' importanza della commissione a quell' epoca doveva essere famoso.
Forse è per un caso che comincia a stampare a niello, da niger = smalto nero, per verificare il disegno sull' oggetto inciso riempie i tratti con una mistura di argento, piombo, zolfo e rame liquidi, pulisce la lastra e vi preme un foglio di carta ottenendo una stampa.
Vasari dice che fu il primo a sperimentare la calcografia, da khalcòs, la certezza non c' è, sicuramente altri artigiani avevano sperimentato la tecnica, orafi e argentieri che ornavano gli oggetti, si sa di un Maestro di Basilea che nella metà del 1400 stampa delle carte da gioco.
Era un' idea nuova quella di inchiostrare i solchi delle lastre incise al contrario della tecnica della xilografia, dove le parti da stampare erano quelle in rilievo, inoltre il bulino sul metallo permetteva tratti più fini e decorativi.
Nel 1455 viene eletto console della Cooperativa dei legnaioli, mestiere esercitato da altri membri della famiglia.
Un anno dopo si iscrive come orafo all' Arte della seta, nel '57 apre bottega in via Vacchereccia insieme a Piero di Bartolomeo che investe i soldi.
Dal contratto di locazione risulta che i due fanno società fino al 20 luglio 1462
Tra i lavori, eseguono due candelieri d' argento per l' opera di S. Jacopo a Pistoia e altri due per l' altare maggiore di S. Maria del Fiore a Firenze.
Collabora con Lorenzo Ghiberti alla realizzazione della seconda porta di S. Giovanni, ora Battistero, a Firenze.
Con l' accrescere del lavoro Maso e Piero assumono operai tra cui Antonio di Jacopo del Pollaiolo.
Negli anni 1461-64 Maso esegue servizi di posate e fibbie in argento niellato per banchieri, come Bernardo di Stoldo Rinieri e per illustri casate come i Rucellai.
Giovanni Rucellai, l' importante mecenate fiorentino, nel suo Zibaldone parla di Tommaso come " maestro di disegno " e " orafo ", perché aveva eseguito i disegni per le tarsie lignee che il cognato Giuliano da Maiano aveva fatto per il palazzo in via della Vigna.
Anche il Vasari nelle sue Vite lo cita " costui disegnò benissimo e assai ".
Cellini invece lo ritiene solo un' incisore a niello dei disegni del Pollaiolo, orafo e artista che considerava " eccellentissimo ". Vuole sminuire il lavoro di Maso per esaltare il suo.
I disegni mostrano l' influenza di Masaccio, sono riuniti in 14 libri.
Muore all' improvviso nell' agosto del 1464, forse di peste, sarà il Vasari a chiamarlo Maso.

Bartolozzi

Il destino di Francesco Bartolozzi sembra già deciso alla nascita a Firenze nel 1728. Il padre, orafo con bottega a Ponte vecchio, da bambino gli fa intagliare lastrine in rame per avviarlo alla professione. Conosciamo una piccola stampa “ schizzi di teste “ incerta ma già con il gusto per la figura umana.
Vista la predilezione per il disegno, il padre lo manda a bottega da un mediocre pittore, G.B.Ferretti, ma il talento prevale e a 10 anni incide su rame copiando le immagini di Stefano della Bella e inventandone di sue.
Si iscrive all’Accademia di belle arti dove frequenta i corsi di pittura tenuti da Ignazio Hughford, nato a Pisa da padre inglese e allievo di A.D.Gabbiani, un pittore barocco di cui alla morte, nel 1726, acquista una parte della collezione che anni dopo pubblica in una raccolta di stampe e disegni “ I cento pensieri……” fatti realizzare da vari artisti fra cui Bartolozzi, Gabbiani, Wagner, Cipriani.
All’Accademia ha come compagno il Cipriani a cui lo legherà un’amicizia per tutta la vita.
Joseph Wagner il 24 agosto del 1748 lo chiama a Venezia a lavorare nella sua bottega d'intaglio, la più importante della città in Merceria S.Giuliano. Lo ospita nella sua casa. Wagner, editore, incisore, calcografo e stampatore, ha allievi come Volpato, Brustolon, e il giovane Piranesi, le stampe uscivano con la scritta “ appo Wagner “.
Presto Bartolozzi esce dalla cerchia dei collaboratori e comincia a firmare i lavori con il suo nome, sono riproduzioni dei dipinti del Longhi, Zuccarelli, Amigoni, ma il segno è personale e arioso.
Va dai Remondini a Bassano, che avevano una delle più importanti tipo
Nel 1754 apre a S.Maria Formosa un proprio laboratorio pur continuando ad avere rapporti con Wagner e raggiunge la maturità artistica e la celebrità, comincia a pubblicare stampe paesistiche e galanti tratte da M.Ricci, Zocchi “ Le stagioni “, Zuccarelli, Zais.
Per i suoi lavori Wagner e Hughford lo incoraggiano ad andare a Roma, lì lavora per la Calcografia camerale nata nel 1738 per volere di Papa Clemente XII Corsini, anche sono da collegarsi a G.Bottai, la figura più importante nel mondo artistico romano.
Si accinge a una grande impresa: l’incisione dei disegni del Guercino, pittore famoso perché riprodotto da numerosi artisti. Bartolozzi non copia, ma ridisegna le immagini fino a “entrarci dentro “ e a farle diventare sue, le disegna così tante volte che oggi ne conserviamo molti esemplari. La bellezza femminile del Guercino gli dà modo di formare una propria concezione di figura che non abbandonerà mai.
Ma qualcosa non va, da una lettera di Mariette a monsignor Bottai sappiamo che “ Io sono del vostro parere circa le stampe del Bartolozzi cavate da’ disegni del Guercino, ne’ mi pare, che di quel genere si possa far meglio, ma bisognerebbe, che egli fosse costante, e seguitasse la promessa di intagliarne 50. Ma sento, che s’è buttato in un’altra impresa, cioè d’intagliare le tavole d’altare del medesimo autore, e lasciare da parte i disegni.
La serie delle 12 stampe è apprezzata dai critici dell’epoca e a queste deve la sua fortuna, le tavole vengono presentate come campioni da mostrare al cliente e hanno indicata la collezione di provenienza: il console Smith a Venezia,grande collezionista, il Zanetti, il Tiepolo…….. Alcune tavole sono pubblicate prima del 1761, perché non riportano il titolo di conte dato al Zanetti dall’imperatrice Maria Teresa nel giugno 1761, le altre sono terminate nel !762, e sono vendute da Bartolozzi senza la mediazione di Wagner.
Le incisioni incantano Richard Dalton, bibliotecario di re Giorgio III d’Inghilterra, che nel 1764 lo invita a Londra per fargli riprodurre i disegni delle collezioni reali di Windsor. Prima di partire vende le matrici a G.B.Piranesi, che le usa per la “ Raccolta di disegni del Barbieri da Cento detto il Guercino “
Per cinque anni studia e incide i disegni del Guercino, tanto da esserne influenzato nei suoi lavori futuri, ne incide 64, procurandosi ammiratori e amici. Il segno rende perfettamente lo stile degli originali e dà il via a una serie di modelli guercineschi in tutta l’Inghilterra influenzando il gusto del tempo e la produzione di stampe.
Arriva a Londra Angelica Kauffmann che con la sua bravura crea ispirazione tra gli artisti suoi contemporanei, in città c’è anche G.B.Cipriani, artista mediocre che oggi conosciamo solo perché il suo amico Bartolozzi ha tratto dalle sue tavole delle bellissime incisioni, trovando in questo lavoro la sua vera vocazione.
Rimane a Londra per 40 anni, diventando l’incisore più alla moda. Nel 1765 entra a far parte della Incorporated society of artists e nel 1769 è tra i soci fondadori della Royal academy. Dopo aver stipulato un contratto con l’editore John Boydell, la sua attività assume dimensioni tali che assume oltre 50 aiutanti; allievi da tutta Europa vanno alla sua bottega ad apprendere l’arte: nessuno ha più ammiratori del Bartolozzi e i suoi fogli, accessibili a un vasto pubblico, gli creano fama e ricchezza.
Le sue incisioni sono conosciute in tutta Europa, e sono così richieste da indurre artisti a falsificarle e imitarle.
Tra il 1792 e il 1800 esegue una serie di 87 ritratti dei dignitari della corte di Enrico VIII su disegni di Holbein il giovane.
Coinvolto nel fallimento finanziario del figlio Gaetano, per evitare la bancarotta vende la sua raccolta di opere d’arte e nel 1797 anche il negozio.Su invito del re di Portogallo nel 1801 si trasferisce a Lisbona e viene nominato direttore dell’Accademia di belle arti, anche se continua a lavorare per il mercato inglese. Ormai ottantenne sceglie la tranquillità di una carica prestigiosa accompagnata da un’ottima pensione.
Muore nel 1815.
La tecnica
Bartolozzi è un incisore di traduzione, interpreta le opere di altri artisti “ stampa d’après “, ma usa un proprio stile, un linguaggio personale avvalendosi di una grande capacità tecnica, ne usa varie secondo il quadro o disegno che vuole riprodurre: bulino, acquaforte, punta, lavis, manière de crayon, acquatinta, maniera nera, puntinato. Di quest’ultimo è stato un innovatore, usa rotelline granite, impiegate ad imitare il segno del lapis, si ottengono così tanti piccoli puntini che rendono il disegno armonioso e leggiadro, che danno alle figure una maggiore vaporosità e luce, ai volti morbidezza e alle vesti trasparenza ed effetto seta.
Spesso usa un inchiostro rosso –mattone “ rosso Bartolozzi “ ad imitazione della sanguigna, altre volte le incisioni sono stampate a più colori per avvicinarsi al quadro originale.
Catalogo delle prime 12 tavole
La sacra famiglia matrice C L 1400 / 918
San Francesco in preghiera matrice M C L 1400 /920 a
Sant’Anna la Vergine e Gesù bambino matrice 1400 / 920 b
San Giuseppe con Gesù bambino matrice 1400 / 920 b
Apparizione della Vergine e del Bambino Gesù a tre religiosi inginocchiati matrice C L 1400 / 921 b
La Vergine, Gesù Bambino e san Giovannino matrice 1400 / 922
Santa Teresa con Gesù Bambino fra le braccia matrice 1400 / 924
Famiglia in preghiera matrice 1400 / 925
Scena di sacrificio matrice 1400 / 925 b
Quattro putti intorno a un vaso matrice 1400 / 927
Adorazione dei magi matrice 1400 / 928
Sacra famiglia con angelo matrice 1400 / 929 a
Le matrici sono conservate presso la Calcografia nazionale nel Fondo Piranesi e presentano aggiunte e abrasioni. Si conoscono tirature settecentesche stampate a due colori: nero e rosso-bruno.
Le incisioni dai disegni del Guercino, comprati nel 1842 si trovano oggi nel volume del Fondo Corsini 49 H 10 al Gabinetto nazionale delle stampe.
Oggi ci rimangono solo alcuni dei dodici disegni originali del Guercino e solo due sono autografi: “ la Sacra famiglia con angelo “ nella collezione reale a Windsor e proveniente dalla collezione del console Smith e il “ San Giuseppe con Gesù bambino “ sempre di Smith
.La “ Scena di sacrificio “ è in una collezione privata a Toronto; una copia della “ Famiglia in preghiera “, l’originale è perduto, è stato venduto da Christies nel 1968; “ Santa Teresa “ venduto da Sotheby nel 1978; l’” Apparizione della Vergine “ è nel museo di Dijon; la “ Sacra famiglia “ è alla Pierpont Morgan library di New York; la “ Madonna e Sant’Anna “ al British museum.

L'incisione nell'800

Nel secolo XIX la società si accorge che la comunicazione libraria è una necessità. Accanto alle tecniche incisorie dei secoli scorsi, si aggiungono quella su acciaio e la litografia. Diventano frequenti le illustrazioni a colori.
Il 1800 è l’ultima grande stagione dell’arte calcografica, ma alla massima espansione del mercato coincide il declino del settore.
L’incisione era monopolizzata dalla Calcografia camerale che dava lavoro a famosi artisti.
Il più importante del secolo è Luigi Rossini 1790-1857. Studia a Bologna
formandosi all’ Accademia delle belle arti e vince il premio Italico consistente in un soggiorno romano di tre anni presso Palazzo Venezia.
A Roma scopre il Piranesi che ha un’avviata calcografia. Rossini si inserisce nella tradizione vedutistica che dopo di lui si conclude. Per sua fortuna vive nel periodo della nascita dell’archeologia, i monumenti vengono liberati da terra ed erbacce e tornano alla luce, così che può disegnarli come erano.
Si ispira a Piranesi ma è privo della sua genialità, non riesce a emularne il fascino e il senso della tragedia.
Dopo che Francesco Piranesi chiude la bottega del padre e porta i rami a Parigi, il mercato calcografico rimane scoperto, ne approfitta Rossini, che apre una sua stamperia.
Nel 1817 pubblica il frontespizio delle Antichità di Roma, divise in 40 vedute e nel 1818-9 edita la “ Raccolta di 50 principali vedute “ in 50 tavole. Nel foglio 19 “ Veduta del quartiere degli svizzeri “disegna due guardie di ronda con alabarda.
Chiama a collaborare Bartolomeo Pinelli, che aggiunge alle sue architetture figurine di vita popolare. Nel 1837 Rossini viene nominato membro della Pontificia accademia di S. Luca.
Un francese, Jean-Baptiste Thomas,1791-1834, pittore e litografo attratto dalla città, soggiorna a Roma per due anni e incide “ Un an à Rome et dans ses environs “.Si appassiona alla cultura popolare romana e insieme alle immagini scrive commenti a fianco delle tavole. E’ una straordinaria testimonianza con la rappresentazione delle feste religiose e solennità civili. L’opera del Thomas è un documento indispensabile per la conoscenza delle tradizioni popolari, le feste, le corse dei cavalli e i costumi, in particolare gli abiti delle confraternite.
Antonio Acquaroni, 1801-1874, esegue una serie di vedute romane per conto della Calcografia presso la quale era impiegato “ Buoni punti delle più interessanti vedute di Roma.”
Francis Wey scrive e fa illustrare un grande libro su Roma descrivendola in modo nuovo e originale. Non si limita a una guida sulla città antica e i suoi monumenti, ma come in un romanzo narra i quartieri e le cerimonie alle quali assiste. Per lui Roma è un “ mondo,” tutto quello che c’è stato di grande in occidente qui ha lasciato tracce, ha il culto del bello e il rispetto per la grandezza.Nel secolo XIX la società si accorge che la comunicazione libraria è una necessità. Accanto alle tecniche incisorie dei secoli scorsi, si aggiungono quella su acciaio e la litografia. Diventano frequenti le illustrazioni a colori.
Il 1800 è l’ultima grande stagione dell’arte calcografica, ma alla massima espansione del mercato coincide il declino del settore.
L’incisione era monopolizzata dalla Calcografia camerale che dava lavoro a famosi artisti.
Il più importante del secolo è Luigi Rossini 1790-1857. Studia a Bologna
formandosi all’ Accademia delle belle arti e vince il premio Italico consistente in un soggiorno romano di tre anni presso Palazzo Venezia.
A Roma scopre il Piranesi che ha un’avviata calcografia. Rossini si inserisce nella tradizione vedutistica che dopo di lui si conclude. Per sua fortuna vive nel periodo della nascita dell’archeologia, i monumenti vengono liberati da terra ed erbacce e tornano alla luce, così che può disegnarli come erano.
Si ispira a Piranesi ma è privo della sua genialità, non riesce a emularne il fascino e il senso della tragedia.
Dopo che Francesco Piranesi chiude la bottega del padre e porta i rami a Parigi, il mercato calcografico rimane scoperto, ne approfitta Rossini, che apre una sua stamperia.

Nel 1817 pubblica il frontespizio delle Antichità di Roma, divise in 40 vedute e nel 1818-9 edita la “ Raccolta di 50 principali vedute “ in 50 tavole. Nel foglio 19 “ Veduta del quartiere degli svizzeri “disegna due guardie di ronda con alabarda.
Chiama a collaborare Bartolomeo Pinelli, che aggiunge alle sue architetture figurine di vita popolare. Nel 1837 Rossini viene nominato membro della Pontificia accademia di S. Luca.
Un francese, Jean-Baptiste Thomas,1791-1834, pittore e litografo attratto dalla città, soggiorna a Roma per due anni e incide “ Un an à Rome et dans ses environs “.Si appassiona alla cultura popolare romana e insieme alle immagini scrive commenti a fianco delle tavole. E’ una straordinaria testimonianza con la rappresentazione delle feste religiose e solennità civili. L’opera del Thomas è un documento indispensabile per la conoscenza delle tradizioni popolari, le feste, le corse dei cavalli e i costumi, in particolare gli abiti delle confraternite.
Antonio Acquaroni, 1801-1874, esegue una serie di vedute romane per conto della Calcografia presso la quale era impiegato “ Buoni punti delle più interessanti vedute di Roma.” Nel foglio 45 “ Interno di S. Pietro “ a sinistra c’è una Guardia svizzera con alabarda.
Ricciardelli nelle sue “ Vedute delle porte e mura….”al foglio 24, sotto la porta di Alessandro VI al recinto leonino mette una guardia sullo sfondo.
Francis Wey scrive e fa illustrare un grande libro su Roma descrivendola in modo nuovo e originale. Non si limita a una guida sulla città antica e i suoi monumenti, ma come in un romanzo narra i quartieri e le cerimonie alle quali assiste. Per lui Roma è un “ mondo,” tutto quello che c’è stato di grande in occidente qui ha lasciato tracce, ha il culto del bello e il rispetto per la grandezza.
Descrivendo una cerimonia vaticana, dice delle guardie svizzere : l’uniforme tudesque et archaique des gardes pontificales qui rappelle les milices de Gessler dans Guillaume Tell et, pour les hommes armés de toutes pièces, les guerriers des miniatures du Froissard, offre l’aspect étrange, inusité dans un édifice historique, de figures vivantes antérieures par le costume au monument où on les voit se mouvoir.
Le immagini con guardie sono: La grande penitenza, Svizzero con spada a due mani, Guardia svizzera, Ostensione delle reliquie, Mazziere, Corteo al Laterano, Corteo pontificio, Cardinale che entra in Vaticano, L’entrata nella cappella sistina, La sistina, .
Felix Benoist 1818-1896, produce le 100 tavole di “ Rome dans sa grandeur,” che è
l’ultima rappresentazione della corte pontificia.
Nel 1798 Senefelder inventa la litografia, che finisce per sostituire le tecniche tradizionali per i vantaggi pratici ed economici che comporta.
Il commercio delle stampe si sposta nel nord Italia, dove grandi editori gestiscono tutto il mercato editoriale, la divulgazione calcografica è affidata a ditte che pubblicizzano i loro prodotti attraverso cataloghi descrittivi.
Dalla vedutistica si passa all’età romantica, il mercato chiede ritratti e paesaggi pittorici, va di moda l’immagine colorata per la borghesia che colleziona stampe
d’arredo.
Molti artisti si trasferiscono in Francia e soprattutto in Inghilterra, dove la Royal Academy, riunisce i maggiori pittori e incisori dell’epoca.

Felix Benoist 1818-1896, produce le 100 tavole di “ Rome dans sa grandeur,” che è l’ultima rappresentazione della corte pontificia.
Nel 1798 Senefelder inventa la litografia, che finisce per sostituire le tecniche tradizionali per i vantaggi pratici ed economici che comporta.
Il commercio delle stampe si sposta nel nord Italia, dove grandi editori gestiscono tutto il mercato editoriale, la divulgazione calcografica è affidata a ditte che pubblicizzano i loro prodotti attraverso cataloghi descrittivi.
Dalla vedutistica si passa all’età romantica, il mercato chiede ritratti e paesaggi pittorici, va di moda l’immagine colorata per la borghesia che colleziona stampe d'arredo.
Molti artisti si trasferiscono in Francia e soprattutto in Inghilterra, dove la Royal Academy, riunisce i maggiori pittori e incisori dell’epoca.

L'incisione nel '700

Nel 1700 l’acquaforte italiana ha il suo momento più felice. Gli stili del secolo precedente sono trasformati da una coscienza più libera e da una visione fantastica.
Roma è sempre più meta di intellettuali e viaggiatori d’ogni genere, fucina di idee e nuove tendenze, quindi ottimo campo per la diffusione del libro.
Artisti e giovani di ricche famiglie vengono a completare la loro educazione, non ci si considera istruiti se non si fa il “ Grand tour “ in Italia.” Chi vuol capire l’arte deve andare nella terra dell’arte “ dice Goethe.
L’antichità è conosciuta solo attraverso i monumenti romani, infatti “ la Grecia “ sarà scoperta solo nell’ ‘800.
La situazione delle arti a Roma è stabile, la borghesia sta nascendo e i committenti sono sempre gli stessi.
A fianco del monopolio ecclesiastico gli editori cominciano a preoccuparsi della qualità della produzione, perchè il pubblico cerca sempre più libri illustrati.Nascono le prime leggi sulla proprietà letteraria per sconfiggere le contraffazioni.
Sapere e potere diviene il motto della nascente borghesia, è il secolo dell’illuminismo, si fanno largo le idée, la ragione, il metodo critico.
Presso l’istituto di S. Michele a Ripa c’è una scuola di artigianato per tipografi, non eccelsa ma con qualche buon insegnante; uno di questi è Felice Polanzani maestro e collaboratore di Piranesi.
Le botteghe più importanti sono dei Perego- Salvioni, dei Barbiellini e dagli anni ’60 la Bouchard al Corso davanti all’Accademia di Francia , sede di numerosi artisti mandati a studiare a Roma dal re.
Fino al 1734 edita anche la De Rossi. La rinomanza della calcografia, oggetto di visite e curiosità dei viaggiatori, invoglia negozianti inglesi ad acquistarla e a trattare il prezzo per 60000 scudi. La Camera Apostolica proibisce la vendita sotto pena della perdita dei rami, del valore della medesima e di una multa di 10000 scudi. Dopo insistenze il 28-1-1738 la Congregazione acquista la collezione per 45000 scudi, accettati a malincuore dal proprietario. Nasce così la calcografia camerale.
Nei libri le antiporte e i puttini scompaiono,i frontespizi si alleggeriscono, la pagina diventa più spaziata e le immagini sono ispirate alle antichità, con piccoli fregi a piè pagina.
Il carattere bodoniano cancella gli altri più sciatti, fa da esempio il testo che accompagna le vedute di Barbault edite nel 1763 “ Les plus beaux edifices de Rome moderne “.
Importanti autori stranieri testimoniano la passione per i monumenti romani. Il famoso cartografo olandese Pieter Schenk,1660-1718-9, realizza nel 1705 “ Roma Aeterna, ipsius Aedificiorum Romanorum, duplex di Sive di Conspectus del collapsoriumque di Integrorium “, 4 parti in 1 volume, con il titolo allegorico, la dedica e il ritratto del Duca di Sassonia incise a piena pagina. Ci sono 100 vedute fuori testo e lo scritto è su due colonne, in latino e in tedesco.
Bernard Picart 1673-1733, parigino, protestante e calvinista, per motivi religiosi si rifugia ad Amsterdam con il padre Etienne, anche lui incisore. Qui aprono una bottega che diviene importante per la grande quantità di lavoro svolto. L’opera che lo rende famoso e popolare è il “ Trattato delle cerimonie religiose di tutte le nazioni “.
Il testo nell’edizione originale, 1723-43, 11 volumi in-folio, redatto da J.F.Bernard e Bruzen de la Martinière, deforma i tratti delle figure e mette in ridicolo i dogmi e i riti della chiesa cattolica. Anche l’edizione del 1783 insulta ugualmente le comunioni cristiane. Nelle edizioni successive le tavole usate sono 600, divise in 7 volumi.
L’incisore-poeta di Roma è il palermitano Giuseppe Vasi 1710-1782, in città dal 1736, dove impianta una bottega calcografica frequentata dai più importanti artisti dell’epoca.
Collabora con architetti di cui incide i disegni e con pittori come il Pannini di cui intaglia diverse vedute. Usa una morsura a più riprese con il risultato di segni graduati ed effetti di luce. Nel 1765 incide il “ Prospetto dell’alma città di Roma “ in 12 fogli.
Dal 1747 al 1761 lavora alla “ Magnificenza di Roma antica e moderna.” L’opera comprende 200 tavole in 10 libri ed è la documentazione reale della città.
Allievo del Vasi è G.B.Piranesi, che con un gruppo di giovani artisti per lo più francesi, inaugura un nuovo modo di lavorare. Passano il tempo “ en plein air “, passeggiando per la città , disegnando dal vero e analizzando i monumenti nella loro struttura per far risaltare l’antico splendore.
Al tempo Roma conta 140000 abitanti e a parte i grandi palazzi nobiliari, ci sono solo casupole circondate da grandi spazi aperti. Orti e vigne sono abbandonati, le rovine interrate e invase dalle erbacce, buoi e pecore pascolano al foro e in ogni dove, botteghe di fango e legno sono addossate ai grandi monumenti.
Questa scenografia stimola i giovani artisti che ci hanno lasciato una notevole quantità di lastre incise illustrando la magnifica decadenza della città diventata giardino.

L'incisione nel '600

Attraverso i libri si coglie nell’Italia del 1600 un risveglio intellettuale ma anche il conformismo della chiesa.
La produzione libraria a Roma rispecchia il clima culturale dell’epoca, la riforma della chiesa porta a stampare soprattutto libri religiosi, le stamperie ufficiali appartengono a istituzioni ecclesiastiche.
Comincia la distinzione tra editore e tipografo e l’attività editoriale subisce un notevole incremento.
Appaiono le prime illustrazioni fuori testo con grandi fogli piegati della dimensione del libro.E’ il secolo delle accademie: a Roma l’Accademia dei Lincei nel 1603 e l’Arcadia nel1690.
Con l’avvento di Papi provenienti da diverse regioni, tipografi senesi, marchigiani, veneti….. si stabiliscono in città aprendo botteghe. In questo periodo si contano 150 tipografie e 100 librai. Si distinguono i Vaccai, all’insegna della “ palma d’oro “, i Mascardi e i Barnabò, che stampano per più di 100 anni. Fino a che si affaccia sul mercato la famiglia De Rossi che ben presto monopolizza il mercato gareggiando con le grandi tipografie straniere.
Il quartiere Parione, con la sua vicinanza a S. Pietro, è il preferito per il commercio; con il trasferimento del Papa al Quirinale, le botteghe dei librai si spostano verso piazza Navona, la Sapienza e il Collegio romano…
.Tutti stampano di tutto, ma c’è un disordine di fondo, o escono edizioni di lusso per nobili ed ecclesiastici o misere con carta scadente come fatte di fretta e in economia per accontentare un maggior numero di clienti.
Le arti decorative cercano effetti scenografici, il pomposo ‘600 ha un grandioso frontespizio che niente ha a che fare con il libro, motivi di cesti di fiori, putti e sirene.L’originalità del libro è “l’antiporta “, illustrazione su rame che precede il frontespizio, barocca e scenografica per attrarre il lettore.
La stampa illustrata è ancora di riproduzione. Il collezionista Vincenzo Giustiniani per copiare su carta la raccolta dei suoi quadri chiama Joachim Von Sandrart e alcuni collaboratori. Modelli del passato vengono incisi dai Sadeler e da Giacomo Lauro, 1550-1605, che realizza su esempi del ‘500 la sua collezione di antichità.
Nel 1612 fa uscire “Antique urbis splendor “, la prima tavola illustra il monte Celio, a sinistra si vede l’abside della basilica dei S.S. Giovanni e Paolo, sul lato destro la chiesa di S. Gregorio Magno e al centro oltre a vari personaggi sono raffigurate due guardie svizzere con alabarda. La seconda tavola ricostruisce una veduta di fantasia del monte Granicolo con al centro il tempietto del Bramante, nella corte è visibile una guardia svizzera con alabarda.
Nella terza tavola, sempre di fantasia sia nell’architettura che nella scenografia, viene inserito il Settizonio a ridosso del Tevere e sullo sfondo la porta degli Orti farnesiani sul Palatino. Anche qui è visibile una guardia svizzera con alabarda. La quarta tavola è una veduta reale del palazzo e dei giardini del Quirinale, allora sede pontificia, si vedono più guardie svizzere sia nel cortile che nei giardini. La quinta tavola è tratta da una riedizione del 1637 ed è dedicata all’ufficiale Giovanni Alto delle guardie svizzere di Lucerna.
Roma è il crocevia artistico dell’epoca per l’importanza delle commissioni e per la grande quantità di artisti presenti. L’arte comincia ad essere turistica, ciò determina una fioritura di guide per orientare i pellegrini tra le bellezze della città. Si stampano guide di Roma antica per i viaggiatori eruditi, guide di Roma moderna, più popolari, che forniscono brevi cenni sui monumenti e sull’aspetto liturgico-devozionale.
I viaggiatori riportano nei loro paesi ricordi visivi, reperibili solo attraverso le stampe, cartoline a buon mercato e facilmente trasportabili.
Visto il successo dell’attività incisoria, gli editori chiamano nelle botteghe artisti provenienti anche da altri paesi. Il nome dell’incisore compare sempre più di frequente accanto a quello dell’autore e al titolo del soggetto.
Pompilio Totti è autore del “ Ristretto delle grandezze di Roma “ che precede il “ ritratto di Roma moderna “.
Baglione fa uscire una guida suddivisa in 5 itinerari della durata di 1 giorno ciascuno “ Le vite de’ pittori scultori et architetti. Dal pontificato di Gregorio XII del 1572. In fino a’ tempi di papa Urbano Ottauo nel 1642 “.
Lo stile delle incisioni èsemplice e limitato dalla praticità per il fine di esecuzione. La città è oggetto di visita e a parte il papato, le grandi famiglie che detengono il potere e risiedono in grandi palazzi, vogliono dimostrare grandiosità e potenza. Lo spazio è inteso come luogo scenografico, così i palazzi, le ville, i giardini, le fontane diventano soggetto di stampe. Si trasformano manifestazioni sociali in eventi teatrali. Si disegnano vedute urbane con sfondi architettonici come quinte teatrali e in primo piano eventi come cerimonie, feste, cortei.
L’amore per Roma viene documentato da Dominique Barrière , francese, autore di una serie di “ Vedute di Roma “.
Giovanni Maggi 1566-dopo 1620, illustra in 48 tavole i cambiamenti della città fatti da Sisto V. In occasione del giubileo del 1600 esegue una “ Pianta novissima di Roma “ con l’apertura della Porta santa e ai lati le vedute delle sette chiese.
Durante il pontificato di Alessandro VII 1655-1665, la veduta raggiunge la sua massima fortuna con G.B.Falda 1643-1678, incisore della corte pontificia , dei nobili romani e di Cristina di Svezia.
Il Falda arriva a Roma chiamato da G.G. de’ Rossi che ne completa la formazione culturale,lo avvia all’incisione e lo affida a F. Borromini e P. da Cortona. Nella bottega del De’ Rossi ha modo di conoscere le incisioni di Callot e di S. della Bella.
Incide una piccola pianta di Roma e una più grande composta di dodici fogli.
Tra il 1655 e il 69 interpreta le ristrutturazioni del Papa illustrandole nel “Nuovo Teatro delle Fabbriche di Roma “ 3 libri con spettacolari vedute. La città è intesa come luogo teatrale, piccole scene di vita popolare contornano le architetture, la quotidiana vita vissuta avvolge la scena.
Fra gli ultimi due libri incide l’opera sulle “ Fontane ne’ palazzi e ne’ giardini di Roma “, composta di 28 rami, proseguita dall’allievo G.F.Venturini e pubblicata da De Rossi nel 1684. Il Falda possiede una conoscenza approfondita delle regole di prospettive e architettura, ma documenta le vedute in modo essenziale per dare chiarezza di veduta.: ampi spazi riprodotti con esattezza.
Allievo e continuatore è Alessandro Specchi 1668-1729, intagliatore e architetto, che contribuisce alla sistemazione del Porto di Ripetta. E’ il primo a documentare la città con insoliti tagli prospettici. Lo Specchi incide una serie di vedute a volo d’uccello, con accorgimenti scenografici, dalla “ Veduta del porto di Ripetta “ in tre fogli al Colosseo e al Pantheon con pianta e spaccato in più rami. Sono acqueforti con il senso dello spazio che saranno il punto di partenza per la vedutistica settecentesca

L’incisione nel '500 a Roma

Nel 1500 con la diffusione della carta si incrementa la produzione libraria, i formati dei volumi si ottengono con la piegatura del foglio: in folio, in quarto, in ottavo…..
I libri hanno il testo disposto su due colonne come nelle cinquecentine.
L’editore e stampatore Aldo Manunzio, a Venezia nel 1501, rivoluziona il carattere introducendo il corsivo o italico, disegnato dall’incisore Francesco Griffo.
La stampa, considerata un’arte minore, possiede invece tutti i canoni della creazione artistica, nasce l’incisione d’arte che illustra la vita, i fasti, le miserie, i mestieri e i costumi ed è una delle fonti di informazione che abbiamo per ricostruire il passato.
La nuova tecnica permette di divulgare le opere dei maggiori artisti ma anche di far conoscere le antichità.A Roma i Papi usano l’arte incisoria per propagandare le grandezze, i rifacimenti e gli abbellimenti da loro effettuati.
Il frontespizio diventa la pagina più importante del libro, perché lo identifica.
Alla fine del quattrocento e più diffusamente nel cinquecento,in concomitanza con gli anni santi, appaiono le prime guide stampate con illustrazioni. La più famosa “Le cose maravigliose dell’alma città di Roma “, fornisce la descrizione più aderente alla realtà dei principali monumenti antichi e moderni. Contiene inoltre gli itinerari di visita alle sette chiese e agli altri santuari, con le informazioni sulle esposizioni delle reliquie e brevi notizie storiche.
Redatta inizialmente in lingua latina, poi in italiano, gode di larghissima diffusione; avrà numerose riedizioni e con varie modifiche e aggiunte sarà pubblicata fino ad oltre la metà del XVII secolo. E’ composta da numerose piccole immagini in xilografia prima e ad acquaforte poi. Le prime rappresentano le Basiliche maggiori, vengono poi le basiliche inferiori, le chiese e i monumenti più importanti, il tutto eseguito in uno stile piuttosto rozzo ed elementare fatto per permettere al pellegrino una facile comprensione ed individuazione.
Il sacco di Roma interrompe e disperde l’attività degli incisori, costretti ad abbandonare la città per non rischiare di perdere la vita.
Ne è esempio l’incisore Marco Dente che lavora nell’atelier di Marcantonio Raimondi 1475-1534, noto traduttore delle opere di Raffaello. E’ merito del Raimondi se l’arte italiana è conosciuta in Europa. E’ anche l’ideatore degli elementi del frontespizio, ne progetta la composizione e introduce il ritratto su sfondo architettonico.
Durante le razzie dei lanzichenecchi, le botteghe artistiche vengono saccheggiate e i rami lesionati o fusi per farne proiettili. Questo sconvolgimento, se da un lato interrompe bruscamente un così fiorente commercio, dall’altro favorisce l’affermarsi dell’incisione in altri luoghi, centri artistici pronti ormai ad ereditarne l’attività.
Malgrado le difficoltà, turisti e pellegrini riprendono a tornare e l’artigianato si ricostituisce. Pochi anni dopo il Sacco, si riorganizza un fiorente commercio di stampe ad opera degli editori Tommaso Barlacchi e Antonio Salamanca.
Intorno al 1540 si ristampano i vecchi rami di riproduzione di opere pittoriche e si incidono nuovi soggetti, orientando la produzione verso la mitologia e il classico o verso il filone illustrativo dei luoghi e dei monumenti di Roma.
Si inaugura così il genere della veduta, venendo incontro ai gusti del pubblico.
Il Salamanca, milanese di origine, ma a Roma dal 1530 circa, chiama nella sua bottega artisti fra i quali Enea Vico, il lorenese Nicolas Béatrizet, Agostino Musi o Veneziano, iniziando la serie delle immagini di antichità romane. Recupera e restaura le matrici del Raimondi e dà il via a quella forma di commercio organizzato di scambio di rami che sarà la fortuna di numerosi stampatori ed editori italiani e stranieri stabilitasi a Roma.
Il Raimondi insieme al Barlacchi e ai veneti Michele e Francesco Tramezzini, incide immagini di traduzione e d’invenzione che vende nel suo laboratorio.
Queste botteghe si trovano preferibilmente nell’area del rione Parione, fra piazza Navona e Campo de’ fiori.
Sulle lastre incise o riedite compare sempre più di frequente il nome dell’artigiano accompagnato dalle sigle “exc o exudit” per gli stampatori e “formis “ per gli editori. I primi curano la stampa, i secondi sono coloro che pagano gli artisti per realizzare le lastre incise, poi si occupano della vendita.
Una svolta si ha con l’arrivo a Roma del francese Antoine Lafréry 1512-1577, che diverrà il più importante editore romano della sua epoca. Raccoglie il maggior numero di lastre in circolazione, promuove una nuova serie di incisioni e apre fin dagli anni ’40 una stamperia in via di Parione.
Gli amatori che comprano le sue stampe hanno in omaggio una cartella personalizzata per contenerle e sulla copertina una scritta con la parola “ specchio “speculum. Nello specchio era il volto di Roma.
E’ infatti grazie a lui che viene stampato lo “ Speculum Romanae Magnificentiae “,il libro più importante del suo periodo nell’illustrare la bellezza di Roma.
Si affermano le carte lafreriane, chiamate così dal nome del loro autore, che nel 1533 fa un sodalizio con Antonio Salamanca che ha una bottega a Campo de’ fiori.
Dall’unione dei due stampatori nasce la più grande cartografia del secolo. Per la prima volta si disegnano le piante della città su rilievi reali e la si rappresenta con una nuova prospettiva chiamata “ a volo d’uccello,” dando ai monumenti una visione……
Alla morte del Salamanca, Lafréry ne rileva la quota dagli eredi, entrando in possesso dell’intera collezione. Si viene così a creare la più ricca concentrazione di matrici calcografiche dell’epoca.
Con le nuove lastre che fa incidere agli artisti più importanti del periodo,
quali il Béatrizet, Giovan Battista Cavalieri, Stefano Du Perac, Giulio Bonasone, Jacopo Lauro ed altri, l’editore inizia la produzione di stampe in serie col titolo “ Speculum Romanae Magnificentiae “. Questa opera viene divulgata dal 1567 in poi e prodotta negli anni con aggiunte e modifiche dai suoi eredi. Il volume si apre con le piante di Roma antica e moderna proseguendo poi con i monumenti romani: il Campidoglio, palazzo Farnese, la Basilica di S. Pietro, oltre alle statue e alle ricostruzioni fantastiche e architettoniche della città antica: Colosseo, Pantheon, Teatro di Marcello, archi trionfali. Seguono le allegorie, le monete e la rappresentazione di alcuni avvenimenti pubblici di grande importanza.
Alla morte del Lafréry tutto il materiale passa in eredità al nipote Claudio Duchet che ne continua l’impresa e poi agli eredi. La collezione completa passa di mano in mano attraverso tutto il ‘600: Giovanni Orlandi, Nicola Van Aelst e Hendrick Van Schoel, per giungere nelle mani degli editori De Rossi. L’ultimo, vende a Papa Clemente l’intera collezione delle lastre incise che sarà la base della Calcografia Camerale.
A causa dei vari passaggi di proprietà dei rami e della continua attualità dei temi, nel corso del tempo si sono avute numerose riedizioni degli stessi soggetti, curate dall’editore che possedeva le lastre. Questi, di volta in volta modificava le iscrizioni sotto l’impressione, permettendoci così di riconoscere le varie edizioni.
Etienne du Perac giunge a Roma verso il 1559, dove il Lafréry pubblica le sue opere. E’ autore dei disegni delle sue incisioni: vedute, ricostruzioni di monumenti antichi, resti archeologici, soggetti sacri, avvenimenti di cronaca. Le più note sono: un torneo svoltosi nel cortile del Belvedere in Vaticano, il frontespizio dello Speculum….,tre immagini della basilica di S. Pietro da disegni di Michelangelo, l’udienza papale concessa a Cosimo 1° de’ Medici. L’insieme ci offre l’immagine di una Roma sospesa tra quartieri medioevali , rovine, palazzi rinascimentali tra cui si aggirano pastori con greggi e pellegrini, i cavalieri si sfidano nei giardini vaticani e il popolo festeggia a Castel S. Angelo.
Hendrick van Cleef 1524-1589, è allievo di Frans Floris, il maestro fiammingo caposcuola dei “ romanisti “. Viene a Roma dove disegna dal vero vedute e rovine che danno vita a “Ruinarum Vari Prospectus……in 38 fogli.
Tempesta nel 1593 incide una “ Pianta di Roma “ così dettagliata che diviene il modello ideale per tutte le piante successive fino a quella del Falda del 1667, sintesi di completezza di visione, ricopiata più volte nel 1697-1705-1730-1756 e ripresa dal Vasi nel 1781.

Storia dell'incisione

L’INCISIONE
L’arte di ottenere la riproduzione di scritti e illustrazioni deve la sua fortuna alla necessità di moltiplicare le immagini in un grande numero di esemplari. Anticamente era impressa su stoffa, pergamena o carta di riso, dal medioevo su carta, come per le immagini sacre ad uso dei pellegrini o per le carte da gioco.
L’uomo incide da tempi remoti : le incisioni rupestri , gli ossi , le pietre , le conchiglie, i cammei . Le tavolette di creta mesopotamiche di 3500 anni fa che riproducevano mappe sono le più antiche carte geografiche che si conoscano . A Ninive , nella biblioteca di re Sargon ne sono state trovate in gran numero , così come i sigilli cilindrici in pietra incisa che, rotolati sull’argilla cruda, lasciavano un’impronta solitamente firma del re o conferma di ricevuta negli scambi commerciali.
Nella Bibbia sono descritte le pietre che decoravano il pettorale di Aaron, nei poemi di Omero le scene raffigurate sullo scudo di Achille.
La tecnica dell’incisione per riprodurre immagini inizia con la xilografia, tavola di legno levigato, inciso e inchiostrato che come un timbro si usava per ottenere più volte la stessa immagine. Veniva usata stoffa o seta e l’origine di quest’arte fu certamente in India, sebbene qualcuno indichi la Cina.
Plinio riferisce che gli egiziani erano esperti nella fabbricazione di tessuti decorati con disegni mediante applicazione di mordenti e Strabone ne parla nel 60 A. C. La xilografia era praticata anche in Armenia , Persia , Tartaria . I Copti stampavano stoffe nel V e VI secolo D. C . Le più antiche immagini giunte a noi trattano soggetti buddistici.
Intanto in Cina, Tsai Lun, funzionario dell’imperatore, sperimenta e inventa la carta nel 105 D.C., anche se ritrovamenti archeologici la datano a 200 anni prima. Nel 751 D.C. gli arabi, dopo una battaglia contro i cinesi, catturano a Samarcanda dei prigionieri, tra questi ci sono dei cartai che insegnano al nemico la tecnica di fabbricazione, così che la città diviene un importante centro di produzione della carta.
Si stampava anche su canapa, il Dharani, libro di preghiere, è del 770. Il primo manoscritto cartaceo che conosciamo è un codice del 866 che si trova nella Biblioteca universitaria di Leida.
In medio oriente si aprono molte cartiere la più importante a Damasco nel 985 e la carta era così diffusa che nel 1040 un viaggiatore riferisce di aver visto al mercato del Cairo i commercianti avvolgerne le merci. Con la dominazione araba in Spagna si apre la prima cartiera nel 1009, ma solo nel 1150 si diffonde nel resto d’Europa. Per molti anni non fu usata perché, provenendo da stracci, era considerata materiale “vile” e fragile al contrario della pergamena, pelle di animale”nobile “ e più adatta a durare nel tempo.
Esemplari dell’antica Roma erano ancora leggibili. Le pergamene erano usate per gli atti pubblici, quindi dovevano conservarsi a lungo.
Ancora in Cina, sotto la dinastia dei Sung, 960 – 1279, la xilografia raggiunge un’elevata perfezione tecnica che i monaci non divulgano per conservarne il segreto.
I primi esemplari di tessuti europei sono siciliani del XII secolo e sono conservati al British Museum.
A Genova, porto di scambi commerciali con l’oriente, la tecnica di fabbricazione della carta viene presto assimilata e si aprono importanti cartiere, mentre un crociato marchigiano tornato a casa ne porta la conoscenza a Fabriano. Nel 1340 Pace da Fabriano ottiene il permesso di fabbricazione da Umbertino da Canossa, signore di Padova.
Il “ Libro dell’arte “ di Cennino Cennini del 1398 parla della prima applicazione del legno inciso impiegato per decorare stoffe, contemporaneamente compaiono le prime carte da gioco stampate e colorate a mano, le immagini sacre per i pellegrini e le carte geografiche.
Le più antiche stampe che ci sono pervenute sono: l’Andata al Calvario del 1400, forse parte di una raccolta andata perduta di Jacquemart de Hesdin ora al Louvre; La Vergine di Bruxelles del 1418 e Madonna con quattro Santi del 1418 al Gabinetto delle stampe della città; il San Cristoforo di Lord Spencer ora a Manchester e in Italia la Madonna del fuoco, 1428, nel duomo di Forlì, la Crocifissione nella Galleria comunale di Prato e il San Giorgio a cavallo nella Collezione Malaspina di Pavia.
Il Vasari narra che a Firenze nel 1450 si facevano opere “ a niello “, ossia piccole placche in lega argentate incise a bulino dagli orafi e usate come decorazione, i solchi venivano riempiti con smalto nero “nigellum “ e su di essi si premeva un foglio di carta che tratteneva l’immagine per verificare se il lavoro era fatto bene. Questo procedimento suggerisce a un orafo, Maso Finiguerra, di sostituire la xilografia con l’incisione su metallo.
In Olanda nel 1450 si stampa l’ Ars Moriendi con 11 immagini xilografiche, lo stesso soggetto si trova in un libro tedesco del 1470 e in altri successivi. In Italia nella metà del 1400 si distingue Andrea Mantenga che, incidendo a larghi tratti senza incroci, realizza stampe di bellezza unica, purtroppo ce ne sono pervenute solo 7.
In Germania a Bamberg, Albrecht Pfister stampa nel 1461 l’ Edelstein di Boner, primo libro illustrato e la Bibbia di Bamberga.
Il primo libro di xilografie italiane sono “ Le meditationes “ del Torquemada, stampato a Roma da Ulrich Hahn nel dicembre 1467, mentre legni tedeschi erano stati usati per una “ passione di Cristo “ del 1462.
Il Pollaiolo nel 1470-75 incide “ La battaglia di uomini nudi “, primo capolavoro dell’incisione italiana su metallo. Altre stampe sono: Profilo di gentildonna , I sette pianeti , I trionfi . Nel 1478 Sweynheim incide su metallo 27 carte della “ Cosmografia “ di Tolomeo. Baccio Baldini nel 1481 i rami del “ Monte santo di Dio “ e le illustrazioni della Divina commedia. Nel 1493 nasce il libro più conosciuto dai bibliofili: il Liber Cronicarum, il testo è compilato da Hartmann Schedel, lo stampatore è Anton Koberger, gli xilografi Michael Wohlgemuth e Willem Pleydenwurff che taglia i blocchi assistito forse dall’allievo Albrecht Durer. E’ il libro più affascinante del XV secolo contiene 645 xilografie e 1800 immagini, molte delle quali doppioni; la prima edizione del 12 luglio 1493 è in latino, la seconda del 23 dicembre 1493 in tedesco.
Gruningen stampa nel 1502 a Strasburgo il “ Virgilio “ con 214 xilografie e Aldo Manunzio, famoso tipografo veneziano, nel 1499 edita il “ Sogno di Polifilo “ di Francesco Colonna con incisioni di Mantenga, Bellini e Raffaello, uno dei più bei libri mai pubblicati.
Jacopo de’ Barbari nel 1500 lavora a una splendida e accurata pianta di Venezia. Intanto, intorno al 1500, si fa strada un nuovo genere, l’acquaforte su rame, sperimentata in Italia dal Parmigianino e in Germania da Durer, anche se bisogna attendere prima che la nuova tecnica sia assimilata.
Il bolognese M.A. Raimondi nel 1505 copia le incisioni di Durer, nella sua influenza lavorano il Ghisi, G.Bonasone e il Beatricetto. Altri piccoli artigiani trasferivano su carta i dipinti di celebri maestri.
Schongauer, Durer, Cranach, Baldung, incidono meraviglie tra cui l’Apocalisse di Giovanni del 1498.
In Olanda dominano nei primi del 1500 Luca de Leida e Christoffel Jegher, incisore dei disegni di Rubens, che dirige un gruppo di incisori tra cui Vosterman.
Nel 1516 Ugo da Carpi presenta al Senato veneto il suo “ modo di stampare chiaro et scuro “; l’effetto “ camaieu “ dà effetti di pittura; Boldrini, Scolari e Andreani incidono Tiziano e Raffaello con la tecnica del chiaro-scuro. Dopo A.M. Zanetti la tecnica decade per il connubio con l’acquaforte. Questa viene usata da Pittoni, Fontana, Caravaggio, Barocci che nel 1581 mischiandola con puntasecca e bulino ci dà un capolavoro: l’Annunciazione.
Grandi maestri sono Antonio Tempesta, Jacques Callot che crea uno stile originale, Silvestre, Le Clerc, Claude Lorrain, Stefano della Bella, il Guercino, Guido Reni, Simone Cantarini, Salvator Rosa, G.B.Castiglione.
Il primo incisore moderno è Rembrandt 1606-1669, morsa la lastra con l’acido aggiunge bulino e puntasecca senza togliere le barbe, con caratteristiche pittoriche mai più raggiunte.
Stampatore e cartografo fu Willem Blaeu che operò ad Amsterdam sino al 1638, gli succedette il figlio Jan che stampò il Novum Theatrum Pedemontii et Sabaudiae.
I maestri del 1700 furono i Tiepolo, Canal, Bellotto, Ricci, Marieschi, Bartolozzi, Piranesi che, con la sua forza incisoria, rivoluziona il modo di lavorare. A Venezia l’editore Albrizzi nel 1745 stampa la Gerusalemme liberata con figure incise su rame dal Piazzetta, che ne fanno il più bel libro illustrato del secolo. A Bologna nel 1736 Lelio della Volpe edita il “ Bertoldo e Bertoldino “ con vecchie tavole che fa abbellire e in parte reincidere da Lodovico Mattioli.
Nel 1800 primeggia Goya e in Italia Longhi, Morghen, Fontanesi, Fattori, Conconi, Signorini. Gauguin è l’iniziatore della xilografia moderna.
In questo lavoro non ho menzionato i molti e famosi cartografi che con le loro illustrazioni hanno testimoniato i progressi della conoscenza, lo studio sarebbe lungo e merita un capitolo a parte. Ho tralasciato anche la scrittura e l’invenzione dei caratteri mobili, sempre per lo stesso motivo.

venerdì 20 aprile 2007

Guide di Roma

Le guide di Roma
In questo breve lavoro sono menzionate le principali guide che raffigurano la Roma antica, in gran parte crollata e interrata, e la città che si modifica con la costruzione di strade, palazzi, chiese.
All’inizio i pellegrini cercano percorsi di preghiere e indulgenze, così le guide sono elenchi di chiese e reliquie, poi l’interesse si sposta alle opere d’arte, i monumenti, la topografia.
Roma nell’alto medioevo era una città abbandonata, saccheggi ed epidemie avevano ridotto la popolazione, le erbacce nascondevano case e monumenti diventati “ cave “ per estrarre marmo e calce da utilizzare nei nuovi fabbricati.C’erano acquitrini e gli animali pascolavano dappertutto.
Malgrado ciò i monumenti imperiali risaltavano nel mare di casupole e destavano ammirazione nei viaggiatori che cominciavano a venire in città.
Il numero dei visitatori si intensifica tanto che si comincia a pensare ad elenchi di luoghi sacri per indirizzare i pellegrini. Da queste liste di catacombe e reliquie si passa ad itinerari che includono chiese come le “ Indulgentiae ecclesiarum urbis Romae “.
Forse la guida più antica è “ Mirabilia urbis Romae “ scritta da Benedetto Canonico negli anni 1140-43 e riadattata nel tempo per adeguarla alle varie esigenze. Descrive le mura, le porte, gli archi e il resto della città imperiale, accenni alle chiese, la storia e i monumenti. Si ispira all’Itinerario di Einsiedein, un testo dell’ottavo secolo.
Del 12°- 13° secolo è la Narrazione delle meraviglie della città di Roma di Maestro Gregorio.
Le guide manoscritte medioevali vengono chiamate Mirabilia per il contenuto delle cose mirabili di Roma. Insieme a queste si comincia a pubblicare le Indulgentiae che all’inizio sono elenchi di 4-12 carte delle principali chiese con le istruzioni per beneficiare degli “ sconti di pena “, poi si ampliano inserendo la storia della città e la descrizione topografica.La prima indulgentia del 1475 è composta da 8 carte, la prima in latino del 1489 è del tedesco Stephan Plannck. I mirabilia sono scritti in una lingua semplice di tardo latino per farli comprendere a tutti e contengono leggende fantastiche.
C’è un raro libro con xilografie, circa 1480, che raccoglie Mirabilia e Indulgentiae, 184 pagine contenenti per la prima volta delle illustrazioni. Nella prima pagina vi sono raffigurati gli stemmi dell’imperatore e del papa.
L’umanista Flavio Biondo studia i reperti antichi e la topografia, nel 1481 nasce “ Roma ristaurata “ che documenta per la prima volta i restauri e la costruzione degli edifici e da notizie sulle chiese, nasce la scienza antiquaria. Questa e la diffusione della stampa favoriscono l’uscita di varie opere come “ Antiquitates urbis Romae “ di Andrea Fulvio, il “ Libro delle antichità di Roma “ di Pirro Logorio e “ Urbis Romae topographia “ di Bartolomeo Marliani.
Si comincia a studiare con più esattezza i resti, gli edifici, le aree, da qui nasceranno le guide per i pellegrini e per gli eruditi.
Andrea Palladio con la “ Descritione de le Chiese….” inizia a documentare le opere d’arte che si trovano lungo l’itinerario, studia gli autori latini, i libri degli antiquari e sempre nel 1554 fa pubblicare le “ Antichità di Roma “ L’editore è Girolamo Franzini, un veneziano trasferitosi nella capitale dove nell’anno del giubileo 1588 trova fama e fortuna. Pubblica una pregiata edizione delle Cose meravigliose, la Urbis Romae topographia del Marliano e l’ Antichità di Roma di Andrea Fulvio, tutte con belle xilografie.
Con le “ Stazioni delle Chiese di Roma…. di padre Santi Solinori edita il più ampio lavoro sulle chiese, primo esempio di guida illustrata, le incisioni rappresentano gli edifici prima dei restauri barocchi e saranno usate per un secolo.
Il priore di S. Maria in via, Pietro Martire Felini, nel 1610 nel “ Trattato nuovo…. dà maggiore importanza ai monumenti e statue, questa guida sarà da esempio per quelle successive, se ne fece anche un esemplare economico senza illustrazioni.
Si va avanti nello studio di Roma ed esce la “ Memoria ….delli nomi dell’ Artefici delle Pitture…. di padre Gaspare Celio, stampata a Napoli nel 1638.
La guida contiene vari errori perché fu stampata senza il consenso dell’autore e non rivista ma a quel tempo a Napoli la cura tipografica era scarsa, malgrado ciò fu la prima guida artistica della città dopo i Mirabilia. Un rivale del Celio, Giovanni Baglione, nel 1639 fa uscire Le nove chiese di Roma, più completa e ricca di notizie.
L’interesse per le guide sta crescendo, Pompilio Totti dopo aver scritto una descrizione di Roma antica, nel 1638 pubblica “ Ritratto di Roma moderna “. Il Totti, libraio editore ed incisore, collabora con i più famosi stampatori del 1600, la sua guida come novità è in due volumi e per primo utilizza incisioni in rame al posto delle xilografie.
Importante per la storia dell’arte barocca è “ Studio di pitture….” dell’abate Filippo Titi, vi sono descritte 269 chiese e un catalogo delle opere d’arte.
La novità arriva con un libro di piccole dimensioni che suddivide gli itinerari di visita in 10 giornate, l’autore è Fioravante Martinelli, sacerdote e bibliotecario alla Vaticana “ Roma ricercata nel suo sito….”, esce nel 1644 ed è rivolta a viaggiatori colti. Oltre alla descrizione di Roma antica e moderna contiene notizie utili e per la prima volta una bibliografia degli altri cataloghi.
Un autore di guide, Pietro Rossini, nel 1693 pubblica un libro senza illustrazioni, per il giubileo del 1725 l’opera viene arricchita da 21 tavole ripiegate e belle illustrazioni tratte in buona parte dalla guida del Martinelli “ Il mercurio errante delle grandezze di Roma “.
Una tomo di grande importanza editoriale lo pubblica Lorenzo Barbiellini, Libraro a Pasquino, nel 1741 “ Roma antica e moderna “, ufficialmente contiene le prime 5 vedutine firmate Piranesi, ma è un falso opera del libraio Fausto Amidei che nel 1745 ristampa l’originale del ’41 senza le tavole di Giovanbattista mantenendo la data originale. Queste 5 incisioni sono inserite in Varie vedute di Roma antica e moderna del ’45 che contiene 27 vedutine di Piranesi.
Amidei per fini commerciali prende le 5 cambiandole con altre dello stesso soggetto di altri autori, facendo aumentare il prezzo della guida.
Una delle più belle guide del secolo è “ Roma Antica e Moderna….” dell’editore Gregorio Roisecco, 3 volumi del 1745 dedicati a due nomi di prestigio dell’epoca: il card. Alessandro Albani e Domenico Passionei. Come in uso utilizza un’antiporta della Roma ampliata e rinnovata del ’25, copia di altre guide e una pianta di Roma del ‘600. I volumi hanno una ricca rilegatura, molte illustrazioni, tavole fuori testo e descrizioni di storia romana politica e religiosa.
Il grande e famoso incisore Giuseppe Vasi illustra “ Itinerario istruttivo…” e lo stampatore Marco Pagliarini lo pubblica nel 1763. Contiene stampe belle come miniature. E’ un rimando alle “ Magnificenze “, 200 tavole divise in 10 libri che sono una delle più belle opere del ‘700.
Nell’anno del giubileo 1775 esce una guida che integra l’Itinerario, dedicata alle chiese “ Tesoro sagro….” con particolari accurati sugli edifici e le solennità.
Il figlio di Giuseppe, Mariano, per anni seguita a ristampare l’opera con qualche variazione fino all’ incontro con Antonio Nibby, uno studioso e archeologo incaricato di svecchiare la guida del padre. Nel 1824 il Nibby si mette in proprio e fa uscire “ Itinerario istruttivo….”, la prima guida moderna, aggiornata sui restauri e costruzioni. L’ opera avrà varie ristampe fino alla più bella con le immagini incise da Gaetano Cottafavi e Domenico Amici.
Le guide successive saranno ispirate a questa ultima e non porteranno novità.
Piccola bibliografia
Bartolomeo Marliani: Urbis Romae topographia 1544
Lucio Fauno: Delle antichità della città di Roma…. 1553
Pirro Logorio: Libro…delle antichità…. 1553
Flavio Biondo: Roma ristaurata…. 1558
Lucio Mauro: Le antichità della città di Roma…. 1562
Luigi Contarini: L’antiquita, sito, chiese…. 1569
Pompilio Totti: Ritratto di Roma antica…. 1633
Alessandro Donati: Roma vetus…. 1638
Pompilio Totti: Roma antica e moderna…. 1660
Fioravante Martinelli: Roma ricercata…. 1664
Giulio Minatolo: Romana antiquitas…. 1689
Francesco Ficoroni: Le memorie più singolari…. 1730
Gregorio Roisecco: Roma antica e moderna…. 1745
Francesco Eschinardi: Descrizione di Roma…. 1750